domenica, dicembre 17, 2006

Questa è la mia prima intervista ufficiale, che ho rilasciato a Sabina S. per conto di una rivista letteraria multidiale. La ringrazierò in eterno, per la qualità delle domande e per la sensibilità insita nel suo modo d'essere. Al confronto io sono un elefante che vuole afferrare una farfalla.

PennePazze: Cosa ti ha spinto a lasciare il lavoro per dedicarti
quasi esclusivamente alla scrittura?
Autore: La consapevolezza di aver finalmente trovato una
strada su cui poter dare una successione decente ai miei passi.
Fino ad ora non sono mai stato capace di ultimare quello che
avevo iniziato. Perdendomi una volta in un progetto, poi in un
altro. Il non ascoltarsi credo che sia il male di molti. Le cose non
vanno, perché la gente confonde l'amor proprio con l'egoismo.
Io scrivo non per hobby, né per diletto; semplicemente perché
non posso farne a meno. È come dover respirare per poter
continuare a vivere. Questa scelta, apparentemente folle, ha
permesso a me di ritrovarmi. Esiste cosa più importante?
PP: Quando scrivi pensi al lettore o scrivi solo per te stesso?
A.: Per uno scrittore, ed in misura maggiore per un poeta, il
massimo della gratificazione è dato dal grado di contaminazione
emotiva. Sapere che un mio verso riesce a stimolare l'immaginazione
di chi mi legge, è una gran ventata di energia. Non
riuscirei a scrivere neanche una vocale per me stesso. Le mie
scritture le considero come un vuoto a perdere, e così mi rinnovo
ogni volta.
PP: In "Solo" dai alla parola diversi significati e importanza, ma
quando ti senti veramente solo?
A.: La solitudine è il prologo di ogni mio scritto. Nel momento
in cui l'inchiostro fluisce sul foglio, io non esisto, non ho memoria,
non appartengo a nessuno. Rimango fedele solo alla mia
immaginazione. Lo ritengo uno stato di grazia, senza il quale
non potrei comporre.
PP: Perché è importante per te pubblicare ciò che scrivi?
A.: Ritengo che i miei lavori abbiano un certo valore letterario.
L'unico modo per provarlo è essere pubblicato. Inoltre, scrittori
e poeti dell'ultima generazione (tranne qualche raro caso),
seguono gli atteggiamenti rinunciatari di questa ottusa società.
Non dobbiamo dimenticare che i giovani vanno incoraggiati e
stimolati, oggi invece sta prendendo forma una linea letteraria
che tende ad appiattire la creatività, favorendo la diffusione di
un deleterio cinismo di massa, con il beneplacito di certe case
editrici. Spero con le pubblicazioni, di poter portare avanti la
mia piccola battaglia.
PP: Un consiglio a chi vorrebbe avvicinarsi alla poesia, o scrittura
in genere?
A.: Nel mio caso è avvenuto il contrario. È stata lei a chiamarmi.
Come accade per un prete che viene cercato da Dio. Scrivo
da circa tre anni, ascoltando una voce a cui non ho potuto dire
no. Però qualcosa mi sento di consigliare: umiltà nell'apprendere
e coraggio nello scrivere. Leggere, capire, assimilare.
Dialogare con le grandi menti del passato e del presente come
se fossero tuoi amici, perché non è importante conoscere fisicamente
un poeta o uno scrittore, dal momento che puoi parlarci
tramite le sue considerazioni. Cercare di capirne la visione,
usando la propria sensibilità. Non avere pregiudizi verso
altri modi di intendere la vita. Attingere dal di fuori, tenendo in
alta considerazione le sfumature di altri vissuti. Il vero poeta è
colui che guarda verso il sole, ponendo l'orecchio al viandante.
Iago
iago_sr@libero.it

3 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Ehi!!!
Complimenti! Auguri di cuore per la bella intervista, prima di una lunga serie!!!!!
Cin! Cin! Cin!
Ci si vede domani sera per la festa!!!!

6:31 PM  
Blogger iago ha detto...

Una festa oggi,
un'altra domani.
Scorre la smania
cerebrale e affoga
la ragione di
una rabbia pendente.

6:44 PM  
Anonymous Anonimo ha detto...

Non devi ringraziarmi, sei tu che hai dato e stai dando molto a questa esistenza di sofferenza.
Ho perso qualcosa dentro di me, forse dovrei solo chiudere gli occhi e dire: "Sono viva".
Scrivimi...

4:37 PM  

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