lunedì, ottobre 17, 2011

Sconfitta...


Ne ho veramente le tasche piene. In Italia ci sono i migliori poeti del mondo, ma i peggiori apprezzatori di poesia. Leggo di interviste fatte ai nomi più importanti e tutti concordano nel dire che l'italiano medio legge poco: vero. A nessuno di loro viene in mente di provare ad essere meno snob e a tentare di farsi vedere nelle situazioni di aggregazioni vere, nelle quali conoscere le persone e non solo quelle che porteranno loro dei soldi partecipando ad antologie, ai corsi di pseudo-scrittura poetica e seminari variamente conditi dalla noia. La crisi è del poeta non della poesia, in discussione viene messo il ruolo del poeta e non della poesia. L'autoreferenzialità, le reciproche classifiche di merito... spesso fatte dagli stessi poeti, la mancanza di coerenza fra ciò che si cerca di scrivere e ciò che si fa (può un poeta parlare di valori assoluti e poi fottere l'amica della figlia?). Oggi serve verità di pensiero, d'azione, di vita. Il poeta è l'araldo del vero e per questo perderà sempre.

domenica, ottobre 09, 2011

“L'alibi perfetto” è quello che ci creiamo tutti. Sempre. Appiglio costruito per poter prendere o lasciare senza rimorsi (ma esistono veramente?) e senza problemi: nell'amore, nella famiglia, nel lavoro, nell'amicizia, nella vita. Iago afferma che l'alibi è “una scusa, il lasciapassare per la sopravvivenza”. E forse è meglio così. Meglio l'alibi, che il terribile gesto di sollevare quel velo di Maja che ci permetterebbe di contemplare la vera essenza delle cose: crudeltà, egoismi, dolore.


Con la sua nuova raccolta di poesie, però, Iago solleva quel velo nell'intento di scardinare l'alibi.

“Al centro una luce blu svanisce/ l'attesa trova fine nel contorno nascente,/eccola finalmente è arrivata sulla terra,/ l'ennesima foglia di fico”.

Da qui, da “Eden”, si dipana il caleidoscopio delle piccole e grandi nefandezze, pubbliche e private, dei sogni infranti, “delle scelte non fatte, delle vite sognate”, come dice il poeta, che ognuno tenta di coprire con la propria foglia di fico. “Mi chiedo perché,/scappo da mille quesiti/abbracciando ovvie affermazioni/che mi renderanno inutile/salvando una progenie da domande identiche”.

E la Storia che si è “venduta pur di esistere, pur di illudere” non è altro che l'altare dell'Egoismo che svela il suo tallone d'Achille. Ma “i cuori ricoperti con buste d'acciaio” non lo trafiggeranno mai. “Non ce la faranno a far sapere/che per uccidermi/serve un semplice gesto d'amore”.

Scavo lucido e amaro, a tratti venato da fine ironia, dentro l'uomo e dentro i rapporto sociali, “Vite in prestito/nelle mani dell'usuraio che li ha illusi,/consigliare al mendicante di emozioni/di non toccare, di non guardare, di non desiderare”.

Perché la società umana – ieri e oggi - è gestita da “un ufficio brevetti che crea menzogne“, veicolate da stampa, televisione, politica, sindacati, religione. “Il motivo ricorrente premia/chi invoca propagande discrete,/la moltitudine confonderà/di nuovo la coerenza con la tranquillità/e pallidamente preleverà/dalla generale riserva di sonno,/altro tempo da ingannare”.

Ma quelle che potrebbero non essere un alibi - l'arte, la solidarietà, l'onestà, l'umiltà di chi conosce l'essenza della vita, lievi spiragli di luce che filtrano in un verso, in una parola, nei testi di Jago - diventeranno ancore di salvezza?

Forse no, forse sì, forse sono anch'esse destinate al fango. “Il rantolo dell'arte/ è udito dagli avvoltoi della professionalità”: ma di che cosa stiamo parlando se non di una raccolta d'arte che cerca – come devono fare i veri artisti – di scavare nella società coeva?

E c'è ancora spazio per chi vuole uscire dal deserto delle anime e delle menti? Chissà! “La sensibilità lavora nel buio/ con la speranza a far da torcia/ sorelle separate da piccole”. Anche la natura non è scevra da questo dualismo “Vespa e farfalla si posano/sullo stesso fiore/una per uccidere l'altra per morire”.

Poi la “virtù” sotterraneamente più disprezzata a livello sociale, quanto esaltata pubblicamente:

“Umiltà; virtude eccelsa o simbolo di debolezza?”. Eccelsa solo se scelta serenamente nei propri percorsi di vita alla ricerca di se stessi, non condizionata da stati di necessità che fanno abbassare la testa e trasformano gli uomini in “fantasmi urbani”. Comunque severamente vituperata nell’Italia di oggi. Come Iago osserva in “Liturgia italiana”. “Ingegno e castità/la fede è un animale da monta/seviziata al Luna Park dei busti elettronici”. Questa poesia che chiude la raccolta, e che il poeta considera come un commiato al lettore, mi ha fatto pensare alla Canzone all'Italia di Petrarca: “Italia mia, benché 'l parlar sia indarno...” Il nostro si definisce un poeta del terzo millennio, ma le piaghe italiane si trascinano nella storia.

La disincantata liturgia dei nostri mali nazionali “Coscienza italica, omicidio mai denunciato….. Non c’è futuro migliore che quello ottenuto da una memoria assente” si dipana però in tutto il testo in un afflato generale. Con i ritmi, i versi, le metafore affilate, il cozzo delle sinestesie, Iago getta uno sguardo – cinico, accorato, fustigatore, annichilito, arrabbiato, dolce - su tutta la società attuale e i rapporti segreti fra gli uomini che la percorrono, per arrivare al cuore delle verità nascoste che molti conoscono e pochi hanno il coraggio di praticare.



Antonella Mosca – giornalista Il Messaggero - Ansa

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mercoledì, ottobre 05, 2011

Consigli di un poeta atipico

È da tempo che volevo postare queste considerazioni. Da quando ho iniziato a constatare che le mie poesie interessavano alle persone. Nel tempo sempre più giovani poeti mi chiedevano consigli su come comportarsi nei riguardi dell’eterogeneo mondo della scrittura ed in particolare verso quello della poesia. In questa sede stabilirò delle priorità, diciamo uno specchietto delle cose da fare che spero aiuti nella maniera giusta. Fermo restando che un poeta che si definisce tale deve avere un adeguato bagaglio conoscitivo, intendendo con ciò lo studio sistematico dei poeti del passato ed attuali.


1- Non abbiate il desiderio deleterio di vedervi pubblicati a tutti i costi, specie i vostri costi. Pubblicare con una casa editrice che vi chiede soldi, non offre nessun vantaggio. Rimane vero che diversi grandi scrittori del passato si auto pubblicarono le prime opere, come rimane vero che prima le case editrice si contavano sulle dita di una mano monca. Oggi solo a Roma ne esistono circa 90.

2- Stabilite un budget annuale in grado di permettervi di partecipare ai concorsi di poesie inedite. Molti concorsi inseriscono le migliori poesie in antologie, inizierete così a confrontarvi con altri modi di intendere la poesia. Non pensate al premio, un poeta non è mai il premio che vince.

3- Partecipate a serate di letteratura, incontri tenuti dai migliori poeti, presentazione di altri autori, usate internet per interagire con i siti del settore. Ve ne sono di buoni, potete così provare a farvi commentare e a commentare le poesie degli altri.

4- Cercate poeti e scrittori nella zone dove risiedete e con loro, portate avanti progetti comuni. Oggi un poeta deve farsi vedere nelle situazioni, nessuno verrà a bussare alla vostra porta chiedendo le vostre opere.

5- Se proprio non ce la fate a seguire questi punti perché volete pubblicare, allora è giusto che sappiate che sono veramente pochissime le case editrici che effettuano una distribuzione seria. Un gran libro che nessuno vede non esiste! Dovete muovermi principalmente per conto vostro… per il resto buona scrittura.