mercoledì, dicembre 05, 2007

Canto di Natale
(Iago)


Gioite e siate felici,
oggi c’è il canto di Natale.
Giochiamo a carte,
puntate e sorridete di fronte
al grande albero finto.
Oggi noi vivremo,
è il carnevale rosso,
una festa ad inviti per soli eroi.
Su, forza dai le carte
e scommetti ciò che sei,
di sicuro perderai.
Un bastone secco,
un’aquila che non sa
cosa sia il volo,
una spada arrugginita,
una coppa vuota
e l’oro rubato dai furbi
è ciò che abbiamo nelle mani.
E’ il nostro futuro.
Adesso il gioco delle ombre è finito.
E’ mezzanotte andiamo a messa,
stacchiamo il biglietto
per il paradiso;
c’è un tale lì che li regala a tutti.
Oggi non c’è discriminazione,
tanto di fuori
è appeso un fiocco azzurro.
E’ per il prescelto
che avrà lacrime
per chi soffrirà
e sorrisi per chi godrà.
E’ il fabbricatore di sogni
che ha deciso così.
Nella casa di legno,
gli eroi diventano pagliacci
con i sorrisi imbruttiti
dai loro denti cariati,
mentre di sopra
gli dei continuamente
si trasformano
per ingannare i nostri sensi.
E’ l’ora di rincasare adesso,
il gallo ha già cantato tre volte.
Possiamo scambiarci i regali.
Il vecchio dalla barba bianca
e la sua renna malsana
e denutrita non hanno
più doni da offrire ai grandi figli.
Questi ormai sanno già
che la morte toglie
ciò che la vita non può
offrire e che Saturno
divora la sua progenie
perché la ama troppo.
E sanno anche che i santi
sono i veri carnefici dello spirito.
Il canto di Natale
riecheggia in ogni dove.
Note che si uniscono,
altre che si lasciano,
ma alla fine la musica
è sempre la stessa.
Il vecchio dalla barba bianca,
triste e solo, mestamente si ritira.
Torna al grande freddo
da dove è venuto,
in attesa di musiche
più sublimi e sincere…
da ascoltare.

martedì, dicembre 04, 2007

Sulle note di Luca Pietrosanti,
che ringrazio per avermi permesso di conoscere
il suo mondo poetico.
(Iago)


Vivido è l’accesso verso l’invisibile.
Entro quando voglio, esco a più riprese.
Il mio ruolo è l’unica prigione
che rimane da guardare.
Quanto rumore fa la foglia secca
quando cade senza pretender vita.
Ai piedi dell’arco della conoscenza mi pongo,
semplice mughetto di mistiche empatie.
Gli occhi del buio sono simili ai miei.
Potete guardarci dentro
sperando d’esser illuminati?
Germinante è l’amore in eccesso di virtù.
Oh Sophie corri sulla duna d’argento!
Non vedi che la luna fa spazio al tuo riflesso?
La malinconia di uno sguardo fornisce
alla fedeltà l’incombente sacrificio d’onore.
Essere è avere un corpo identico all’altrui diversità.
Destreggiante si rivela l’estro
quando scorpora fervide allusioni.
I sensi fisicizzano un teorema
che assapora il gusto dell’eternalità.
Non esiste spazio inviolabile,
nel bosco dell’ischemica visione.
Vestire l’implosione di una mente disturbata
con i lembi di detonanti infermità.
Sentite tutti come gorgheggiano queste note?
L’uomo in delirio è un nervo tremante,
si agita, gode e muore mille volte.
Un funerale non basta ad allontanarmi da voi;
è una cerimonia che lascio ai vostri ricordi.
Sull’eterno rimorso tornerò musica,
annichilendo tecnica e costumi.
L’ego sarà talmente umile
da permettermi di cantare ancora.