giovedì, maggio 15, 2008

PADOVA: sono stato in questa città in occasione di un reading a cui ho preso parte... girando di notte lei mi ha detto questo...



Ombre assetate da spartiti eccitati,
a spasso e protetti da abiti essenziali.
Confrontare emergenze esistite.
La fede abiura ogni forma di silenzio.
Dalle mammelle ecclesiastiche
s’accrema il latte sul marmo diverso.
Muore Bisanzio.
La vita albeggia nella città
dove è impossibile bagnarsi.
Il sole è il centro di riti pagani…
(tri)ttici di (tri)pesci issati da (tri)nità
(tri)tonanti di (tri)sti (tri)umviri.
Il palazzo della ragione,
fa del sospetto un’ammuffita volta celeste.
Strappare vagiti dal codice dell’innocenza.
Svaligiare l’ottusità, renderla delirante, sfuggente…
offendere la quiete con itinerari particolareggiati.
L’uomo-maiale rinnega l’usura
corrompendo la Madre con azzurrità
da incastonare sul lugubre rimpianto.
Palustre è l’acqua santa.
Nuovo è il sudore.
Sovrastante è il monito dell’angelo mortale,
guardiano innominabile della tomba del Santo…
toccata e scaldata dalle mani piangenti
di devote essenze destinate ad estinguersi.
Tutto sembra ruotare,
attorno alle voci di poeti avvinghiati.
Foto-drammi, ricordi, sospiri di figli mai avuti.
L’insoddisfazione è la regina dell’immortalità.
La dolcezza ebrea conforta il viso del vaso,
torchiato da guance imbarbate dalla passione.
La notte sorride con inconsueto cinismo…
coprendo ogni ludica considerazione…
beffardamente… severamente.

lunedì, maggio 05, 2008

POETA APPESO


Sono entrato in quadro,
possedendo mille colori.
Com’è sgargiante modulare
frenetici umori.
Il pittore rimane ammutolito,
ho preteso il suo silenzio.
La sua piccola mente
non poteva prevedere
una profusa attitudine
al mescolamento.
Sapete quando l’ho fatto?
Al rientro da casa,
al termine dell’ennesima
innaffiata d’alcool.
Da tempo pregustavo
questa pacata profanazione.
Adesso niente può impedirmi
di incollare le mie carni
a quei principi d’imbratto.
Ti sto rendendo immortale amico d’arte…
non vedi che non sei compreso?
Con le mani sposto
il sole che hai animato.
Era troppo alto
lì non stava bene.
I colleghi d’eretta statura,
che dell’umana pretesa
ne vantificano la gloria ,
non vedono oltre il loro scroto.
Abbassa la sfera divina,
ponila in basso…
così possono quasi vederla.
In quanto a me,
fertile figlio di padre cieco
perdona l’improvvisata pazzia
sorella incestuosa di gemiti spietati
(invenata per estro conclamato)
entro braccia disossate
e destinate a future crocifissioni,
sui legni acerbi di mature trasfusioni.

venerdì, maggio 02, 2008

NOTTE FONDA


Sul limite verticale
strappo l’immagine
che mi vuole sviolinato.

Stendere lo stinco depilato,
sui rattoppi di memorie cave.

Non vedo la fatica,
non tocco la ripresa…
l’evidenza è un fantasma
che s’affaccia nelle mancanze di me.