giovedì, aprile 13, 2006

IL GRANDE SOGNO
(estratto dal mio primo libro- Inquietudine-2003)

Campi incolti, castelli di fieno,
fiumi d’ira e uova d’oro.
E’ il regno del tuo umano apparire.
Privo di sogni da conquistare.
Ti appartiene. Continua pure
per la tua strada e calpesta
i cadaveri che incontri.
Anime senza coscienza
per volti con nessuna coerenza.
La fossa comune aspetta
solo di essere coperta.
I colori impallidiscono,
laddove le api nutrono col miele
i figli rinnegati dal sangue blu.
La dura incantatrice dona il buio
a chi vuole risolvere il suo mistero.
Gli obliqui sabotano i sensi degli ingenui;
futuri padroni di deserti senza miraggi.
E gli dei se ne vanno,
in cerca di altri cuori da sedurre
e di altri figli da soggiogare.
Terra, nuvole e pioggia.
La soglia bronzea è ancora distante.
Amici traditi da visi
e sguardi male assortiti.
Tutti sanno dormire,
ma nessuno vuole più sognare.
Paure, ombre e dubbi.
La controparte è richiesta
da un oracolo maledetto.
Il “grande sogno” è figlio del dolore.
E’ il prezzo da pagare per
chi incontra la Vergine alata.
E gli dei se ne vanno,
il tempo delle favole sta finendo,
la loro terra è ormai sconsacrata.
Allunga il vino rosso con l’acqua santa
e brinda alla loro dipartita.
I rinnegati trovano asilo nelle miniere
eterne e Madre fertilità continuerà
a dare vita in cambio di carbone.
Il letto è pronto, il sonno sopraggiunge.
Il viso si ricompone,
lo sguardo plana sul sorriso;
i sogni su misura non esistono più.
Non si può soffrire se il “grande sogno”
arriva, ma si deve tremare se dormire è morire.
La Vergine alata restituisce l’amore rubato.
L’enigma verrà svelato,
il grande sogno verrà conquistato
ed un altro reame sarà governato
da loro… da noi… da lei.

venerdì, aprile 07, 2006

INQUIETUDINE

Un temporale, tuoni e lampi.
L'inquietudine non arriva mai da sola.
Una penna ed un foglio per scrivere
la brutta copia del mio passato.

Occhi per ascoltare.
Orecchi per vedere.
Conoscersi è morire.

Se solo riuscissi a tornare indietro,
non per cambiare ciò che sono
ma per rivivere ciò che avevo.

La speranza muore quando uccidi
il bambino che è in te.
Innocenza. spontaneità e dolcezza
vengono soppiantate dalla premeditazione.

Vagabondo è me stesso.
In balia di una nave che non ha rotta,
su un mare che non ha porti,
in un deserto senza confini.

La voglia di andare è tanta,
come la paura di non tornare.
Sospeso tra caos e quiete,
io perdo, penso troppo.

Camminando ad una spanna
dalla mia coscienza che turbata
mi fissa chiedendo mille perché.
………ed intanto fuori continua a piovere.

lunedì, aprile 03, 2006

GRUDGE


Uno straccio deforme, è ciò che mi
resta di un Principio; come uno
sciamanno, appuntato sull’ambiguo
copricapo del mendicante cristiano,
dall’opalescente destino. Giovane
mai nato o vecchio mai trapassato.
Tutto potevo essere. Agognato
deliquio. Splendido errore di Dio;
quello che a voi sfugge è me che
insegue. Scovare la verità nel trasudante
ossario. La noia non è ancora stanca
di uccidere la beltà. Alza la sua
smagrita mano e svenevolmente
sfregia l’immortalità; con il cultro
della prevaricazione. Albero Edenico
o Noce di Benevento? L’epifania
è un fantasma imbrunito da conati
di rabbia. Il Mestlez è iniziato.
Il gridario dell’odio, soffoca
il dolore del Redentore; quasi lo sento,
eppur m’affascina. L’immagine
diffama se stessa. Reprobo per Fede
amata, fra tanti bifolchi ingobbiti
da sterili preghiere. Solo il mio
spirito vede questo; e tale è il premio
per chi sputtana la sbavante invidia?
L’asciutto astio sarà la mia gloria,
e guiderò il treno dell’accondiscendente
notte, tra le cosce della nientificazione…
…finchè la morte non mi separerà da lui.